Stralci dal libro
Quando avevo presentato il progetto ai miei compagni, anch’io non mi rendevo bene conto di cosa stessimo per fare. Non esisteva pressoché nulla che documentasse quell’area geografica. Solo poche righe nelle guide più specializzate del Kenya la definivano così: “Un luogo inaccessibile che ospita alcuni rettili tra i più velenosi al mondo come il mamba, la vipera, il cobra, gli scorpioni e nient’altro. Con un clima incredibilmente caldo e secco, dove la temperatura media dell’anno è di 55 gradi e la pioggia arriva, forse, una volta ogni 10 anni.” (…)
ùdel nord del Kenya, ai confini con l’Etiopia, arrivai a Loyangalani. Un’oasi di poche palme nel deserto di lava che circonda il lago Turkana, ex lago Rodolfo. Uno dei più grandi laghi dell’Africa e uno dei posti più straordinari ma anche fra i più inospitali al mondo. Circondato da vulcani, da terre brulle e riarse, con le rive e le spiagge infestate da oltre 20.000 coccodrilli, e l’entroterra ovunque affollato di scorpioni e serpenti. Si trova quasi tutto in territorio keniota, solo l’estrema parte settentrionale, dove sfocia l’unico vero affluente, il fiume Omo, appartiene all’Etiopia, gli altri due immissari sono per la maggior parte dell’anno fiumi di sabbia. (…)
23-24 Febbraio – 3° e 4° Campo
°C all’ombra. Il panorama che ci circonda è arido, la vegetazione incontrata sulle Cherangani Hills, qui si limita a qualche stentato cespuglio che appare tra le rocce arroventate dal sole. Penso agli uomini che incontreremo il giorno 25 febbraio. Dei Samburu moran (
guerrieri), uomini mai visti prima, che dovranno dividere con noi rischi e pericoli. Non sappiamo quanti di loro, né di quale tribù né con quanti cammelli verranno. Mi chiedo se sapranno trovare il luogo geografico stabilito per l’incontro, visto che non c’è nulla per identificare quel luogo (…) Possiamo fidarci di loro?
(…) Ci troviamo nel pieno della stagione secca e nel mese più caldo dell’anno, con temperature che superano i 50° all’ombra. Insomma nel periodo peggiore, che significa: totale mancanza d’acqua, temperature impossibili, tempeste di sabbia sospinte da forti venti che giorno e notte spazzano l’intero territorio. Non minore è il pericolo di incontrare banditi capaci di tutto, uomini allo sbando che, per sfuggire alla legge, sopravvivono ai margini di quell’inferno e, quando si sentono braccati, spariscono dove nessuno li andrà mai a cercare. Uomini che non hanno niente da perdere, che uccidono per poco più di nulla. In aggiunta ci informano che ci sono delle razzie in atto. I Turkana sono andati a depredare animali presso i Pokot i quali sono venuti a riprendersi il perduto con abbondanti interessi. Per questo è possibile che la nostra carovana possa trovarsi nel mezzo di una di queste feroci dispute ed essere a nostra volta razziati. Se questo succederà, ci dicono, avremo ben poche possibilità di uscirne vivi. Il consiglio che ci danno è di valutare bene tutti i rischi ora, fin che siamo in tempo. La cosa più saggia, dicono, è di trovarci un altro posto dove andare in vacanza.
Se davvero fosse così, il quadro della situazione non è dei più confortanti. Mi viene da pensare che forse stanno volutamente esagerando, in particolare con la storia dei banditi, questo nel tentativo di allarmarci e farci desistere dal folle progetto. Ancora una volta ci esortano a non fidarci delle nostre convinzioni. Ma, non avendo altre parole per convincerci, devono arrendersi davanti a tanta determinazione, e non gli rimane che salutarci. (…)
Mi martella il pensiero di quando abbandoneremo le macchine per sparire nell’inferno della Suguta. Da quel momento in poi saremo soli, senza possibilità di contatto col resto del mondo. Nessuno potrà intervenire per soccorrerci, neanche in caso di estrema necessità. Dovremmo farcela da soli o soccombere. Prima d’ora non mi sono trovato a decidere della mia vita nel vero senso del termine, e così credo anche per i miei compagni. (…)